Le interviste rilasciate recentemente a La Stampa ed al Corriere Torino dal prof. Montanari, ex assessore all’urbanistica della Giunta Appendino, ci hanno lasciati sbigottiti per una certa deformazione dei fatti che hanno accompagnato il processo di rifunzionalizzazione del compendio della Cavallerizza Reale.
Siamo sorpresi che Montanari abbia lamentato la mancanza di risorse per riacquisire il bene (che, ricordiamo, era uno dei punti del programma elettorale della sua Giunta) quando, nei 3 anni del suo incarico assessorile, non ha mai reso pubblico né un dettagliato progetto di recupero e riuso finalizzato a fare dei 36000 m2 della Cavallerizza Reale un Polo Culturale di dimensione europea, passo indispensabile per accedere ai necessari finanziamenti, e neppure le celebri “tre paginette” da lui ripetutamente annunciate per esplicitare gli orientamenti progettuali della Giunta. Non ha neanche mai preso in considerazione o discusso pubblicamente uno dei progetti più completi ed articolati, disponibile e a lui noto sin dall’inizio del suo incarico (scaricabile qui). A dispetto dello scarico di responsabilità riportato nell’intervista, è stato direttamente responsabile di questa assenza di progettazione e, essenzialmente, del fallimento dell’impegno alla riacquisizione pubblica del bene che, ricordiamo, fa parte del sito seriale delle Regge Sabaude, riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.
E come non rimanere poi esterrefatti per le lodi sperticate al documento attualmente discusso in Consiglio Comunale, il PUR (Piano Unitario di Riqualificazione), come elemento di discontinuità rispetto all’operato della precedente Giunta PD e baluardo contro eventuali mire speculative, quando lo stesso consigliere Lorusso (assessore all’Urbanistica nella precedente giunta Fassino) ha dichiarato di voler adottare al più presto questo PUR in quanto coincidente con quanto da loro già previsto alla fine del loro precedente mandato?
Riconosciamo all’ex assessore Montanari di aver operato affinché la Cassa Depositi e Prestiti (attualmente proprietaria di circa metà del compendio) predisponesse il PUR, ma non possiamo neanche dimenticare che questo prevede di destinare il 27% della superficie a residenze di civile abitazione, il 23% ad alberghi e studentati, il 18% ad uffici direzionali (per i quali la Compagnia di San Paolo ha già espresso il suo interesse per trasferirvi la propria sede), il 12% ad uffici e studi professionali, il 6% a ristoranti e negozi e solo il 14% restante a funzioni pubbliche (il cosiddetto polo culturale da realizzarsi nel Maneggio Alfieriano e nelle ex-stalle di via Verdi, locali inutilizzabili da un punto di vista immobiliare e quindi privi di valore monetario).
Come non riconoscere in questo piano un sostanziale intento di privatizzazione quasi completa di questo bene architettonico che ha caratterizzato la storia della città, che è un bene di tutti i cittadini e che tale dovrebbe rimanere, ospitando al suo interno quelle funzioni tanto necessarie ad una città che ha visto nella cultura, nella sua accezione più ampia, uno dei principali obbiettivi di trasformazione?
Noi crediamo che la cittadinanza non sia d’accordo con questa perdita irreversibile del patrimonio cittadino; pertanto opereremo per dare voce ai cittadini ricorrendo all’istituto giuridico del Referendum abrogativo, previsto dal regolamento comunale, per cancellare il PUR attualmente in fase di adozione.
La Società della Cura – Torino
7 febbraio 2021
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