Trattato modificativo: gli ATTAC d’Europa dicono NO

 L’11 marzo 2007, diciassette Attac d’Europa rendevano pubblici i loro “10 principi per un trattato democratico” come contributo alla rifondazione dell’Unione europea (UE).

Un’attenta lettura del Trattato modificativo adottato dagli Stati membri dell’UE nella riunione del Consiglio europeo del 18 e 19 ottobre dimostra che esso non rispetta nessuno di quei dieci principi. Peggio: è una versione mascherata del Trattato Costituzionale Europeo (TCE) che gli elettori francesi e olandesi avevano respinto nel 2005. Il testo è inaccettabile sia per il metodo di elaborazione sia per il contenuto.

1. Un metodo antidemocratico: gli Attac d’Europa avevano proposto di avviare un processo democratico per l’elaborazione e l’adozione di un nuovo trattato, soprattutto con l’istituzione di un’assemblea eletta dai cittadini, con la partecipazione effettiva dei parlamenti nazionali e con l’obbligo di una ratifica mediante referendum in ciascuno Stato membro. Auspicavano inoltre un trattato breve, autosufficiente, che potesse venir capito da tutti i cittadini.

E invece, ancora una volta ci ritroviamo con un testo lungo e illeggibile, redatto nell’ombra, che dovrebbe essere adottato dai parlamenti nella maggior parte degli Stati membri nel tempo più breve possibile, impedendo così ogni dibattito pubblico vero.

 

2. Un funzionamento ancora e sempre bloccato: a parte qualche ritocco di modesta portata, permane il funzionamento attuale, caratterizzato dalla confusione dei poteri. Il Parlamento europeo continua ad essere escluso dal terreno delle decisioni riguardanti ambiti importanti della vita comunitaria, e soprattutto privato di qualsiasi potere di iniziativa legislativa. I parlamenti nazionali, a loro volta, anche se coinvolti in un numero limitato di questioni, non possono pronunciarsi nel merito dei progetti di direttive. La Commissione, organo esecutivo dell’Unione, è dotata di poteri legislativi e giudiziari.

Il Consiglio invece, resta un organo legislativo pur essendo l’organismo in cui sono rappresentati gli esecutivi nazionali.

Le lobbies continueranno a giocare un ruolo essenziale e i membri della Commissione non potranno essere eletti o revocati dai parlamentari.

 

Il potere d’iniziativa popolare si riduce ad alcune buone intenzioni. Quanto alla Banca centrale europea (BCE), essa sfugge ad ogni controllo democratico e mantiene come solo obiettivo la stabilità dei prezzi, promossa al rango di obiettivo dell’Unione.

 

3. Nessuna alternativa al neoliberismo: la stampa ha sbandierato il fatto che la concorrenza “libera e non distorta” non figura più tra gli obiettivi dell’Unione. Sarebbe questa, si dice, la prova che il Trattato costituzionale è stato completamente abbandonato. Ma scorrendo gli articoli, i protocolli e le dichiarazioni, ci si accorge che questa concorrenza rimane onnipresente, e che è impossibile sfuggire al modello neoliberista. È la concorrenza che governa i servizi di interesse economico generale (SIEG) e che rischiamo di vedere estesa agli altri servizi pubblici. Ed è sempre la concorrenza a servire da scusa per rifiutare un’armonizzazione sociale e fiscale verso l’alto. Il Trattato, per come si presenta, rende impossibili per gli Stati membri scelte diverse da quelle di un liberismo sfrenato.

 

4. Diritti fondamenti sempre più ridotti: la Carta dei diritti fondamentali ha sicuramente un “valore vincolante” ma in generale quei diritti sono di scarsa portata e la loro applicazione è demandata alle “pratiche e legislazioni nazionali”. Infatti, la Carta non crea alcun diritto sociale europeo, accontentandosi di formulazioni vaghe che non impegnano a nulla. Perdippiù, alcuni Stati come l’Irlanda e la Polonia, prevedono di essere dispensati dall’applicazione dei diritti fondamentali, per quanto limitati, mentre il Regno Unito lo è già.

 

5. Un trattato militarista e atlantista: la difesa comune dell’Europa è prevista solo all’interno della Nato e il militarismo è ufficialmente incoraggiato “Gli Stati membri s’impegnano a migliorare progressivamente le loro capacità militari”.

In nome della lotta al terrorismo vengono addirittura incoraggiati gli interventi militari all’estero.

Tutti questi elementi figuravano già nel TCE e sono ripresi parola per parola nel nuovo trattato.

 

Questo trattato modificativo è caratterizzato da cima a fondo dal neoliberismo,  sia nei principi che promuove sia nelle politiche che sostiene.

I pochi punti positivi non bastano a rimettere fondamentalmente in questione il funzionamento attuale dell’Unione e il suo profondo deficit di democrazia.

Ecco perché gli Attac d’Europa non lo possono accettare.

Spetta ai popoli decidere del loro futuro: da qui la necessità di una ratifica del trattato per referendum in ogni singolo Stato europeo.