Il trattato del disprezzo
Robert Joumard e Michel Christian
(commissione Costruzione europea di Attac Rodano) -
6 settembre 2007
Lo scorso 23 giugno, l’Unione europea ha presentato un progetto di trattato modificativo, che modifica i due principali trattati europei, il trattato sull’Unione europea e il Trattato istitutivo della comunità europea denominato ora “Trattato sul funzionamento dell’Unione europea”. È previsto che il progetto venga formalmente adottato al vertice europeo del 18-19 ottobre 2007, per essere poi sottoposto a ratifica da parte dei 27 paesi membri dell’Unione europea, una procedura che dovrebbe concludersi prima delle elezioni europee del giugno 2009.
Il trattato modificativo consta di 145 pagine e 296 modificazioni, 12 protocolli, 51 dichiarazioni e diversi Allegati, il tutto avente lo stesso valore giuridico dei trattati di cui è parte integrante. I continui riferimenti ai trattati esistenti rendono l’insieme illeggibile per chiunque. Sono i trattati così modificati che bisogna considerare. E che hanno quindi richiesto una nuova stesura.
L’analisi, articolo per articolo dei progetti di trattati modificati mostra che il trattato modificativo, trasferisce nei trattati attuali la totalità della costituzione respinta dagli elettori francesi e olandesi nella primavera del 2005 con il 55 e 62% circa di No, dopo un coinvolgimento straordinario degli uni e degli altri nel dibattito politico. La prima parte (dell’ex TCE), sui valori e obiettivi dell’Unione e sull’architettura istituzionale rimane la stessa; la seconda parte che si richiamava alla Carta dei diritti fondamentali, è ripresa parola per parola; la terza parte sulle politiche e il funzionamento dell’UE rimane tale e quale così come la quarta parte che stabilisce, tra l’altro, le possibilità di adesione e di ritiro degli Stati membri.
Il trattato non è per nulla “semplificato” perché è rimasto altrettanto lungo e complesso quanto il defunto Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. Infatti, secondo Valery Giscard d’Estaing: “quanto al contenuto, le proposte rimangano sostanzialmente le stesse, vengono solo presentate in maniera diversa – e aggiunge – La ragione di tutto ciò è che il nuovo testo non doveva assomigliare troppo al trattato costituzionale. Così i governi europei si sono messi d’accordo su cambiamenti cosmetici della Costituzione per renderla più facilmente digeribile”. E il deputato europeo conservatore Timothy Kirkhope, di rincalzo: “Le dichiarazioni odierne di Giscard d’Estaing non fanno altro che rafforzare quello che tutti gli altri dirigenti europei pensano del nuovo Trattato, e cioè che la Costituzione ha fatto ritorno”.
L’analisi di dettaglio è fastidiosa, ma necessaria: mostra che i valori e gli obiettivi dell’Unione sono rimasti gli stessi. La stampa ha sbandierato la scomparsa, tra gli obiettivi dell’ Unione, della “concorrenza libera e non distorta”. Ma il protocollo 6, che è un testo di portata equivalente ai trattati, precisa proprio gli obiettivi dell’Unione: “Il mercato interno, come definito all’articolo 3 del trattato sull’Unione europea, comprende un sistema di garanzie perché la concorrenza non venga distorta”. E così la concorrenza non distorta viene reintrodotta negli obiettivi dell’Unione dai quali sembrava che fosse scomparsa!
I diritti definiti come “fondamentali” non competono ai cittadini ma alle istituzioni dell’Unione e degli Stati quando essi “applicano” il diritto dell’Unione; diritti che non creano “alcuna nuova competenza né compito per l’Unione; restano subordinati alle altre disposizioni del progetto, caratterizzate – queste sì – dalla concorrenza libera e non distorta”.
Questi diritti non sono dunque per nulla “fondamentali”. L’Unione li riconoscere e li rispetta, ma non ne assicura l’applicazione. Rispetto al diritto francese, sono diritti fondamentali al ribasso che non riconoscono né il diritto al lavoro, né il diritto a un reddito minimo o alle indennità di disoccupazione, nè7zxc il diritto alla casa, né il diritto uguale per tutti di accedere al servizio sanitario o all’istruzione…
I deputati europei che eleggeremo non avranno il diritto di iniziativa legislativa. Non avranno il diritto di votare le entrate di bilancio dell’Unione, né le tasse, e non avranno alcun diritto di intervenire sui grandi scenari della politica europea. Un governo europeo (la Commissione) che facesse una politica inaccettabile, potrebbe essere fatto cadere solo con una maggioranza dei due terzi… E quei deputati non rappresenteranno affatto su basi egualitarie tutti i cittadini europei. Per esempio, Belgio, Portogallo, Repubblica Ceca, Grecia – che hanno tra 10 e 11 milioni di abitanti – eleggeranno 24 deputati mentre le grandi regioni francesi come il Sud-Est o l’Ile de France che hanno la stessa popolazione, ne eleggeranno due volte meno.
L’Unione rimane ancora una costruzione tra governi, in cui i cittadini non hanno la possibilità di farsi sentire. Non esiste la separazione tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario: la Commissione europea assomma in sé poteri legislativi (iniziative di legge), esecutivi e giudiziari (sorveglianza sull’applicazione delle leggi). Il Consiglio è il solo organo che vota tutte le leggi (eccetto la politica monetaria che dipende dalla sola Banca centrale europea), poiché il Parlamento
è escluso dai 21 settori più importanti su 90. E il Consiglio non è eletto dai cittadini
ma è il rappresentante degli esecutivi nazionali. I progetti di trattati lasciano perdurare la stravagante dipendenza dei giudici europei dagli esecutivi che li nominano, e non dispongono interventi per l’indipendenza dei mezzi d’informazione.
Infine, questo progetto di trattato fa atto di sottomissione alla NATO e impegna gli Stati membri ad aumentare i rispettivi bilanci della difesa. Definisce l’aumento di produttività dell’agricoltura come finalità prioritaria della politica agricola comune, ma non si dà alcun obiettivo, per esempio, per la salvaguardia dell’occupazione in agricoltura, né per la tutela dell’ambiente. Il tema dell’economia di mercato, aperta, in cui “la concorrenza è libera e non distorta” permea tutto il progetto ed è ripetuto a sazietà. Di questo passo, ogni aiuto pubblico concesso a un settore economico, ogni servizio pubblico, e persino il diritto del lavoro diventa un impedimento alla “libera concorrenza”.
È praticamente escluso che i trattati, una volta ratificati, possano essere modificati in profondità sia per dare priorità ad aspetti sociali o ambientali, sia per permettere la costruzione di un’Europa politica: i meccanismi di revisione sono interamente nelle mani dei governi. Ma poiché questi testi sono per natura una costituzione, la quale definisce le politiche che vanno decise collettivamente dai soli sovrani in democrazia- i cittadini – in quanto tale deve poter essere soggetta a revisione da parte dei cittadini, e da loro soltanto. Aver trasformato una costituzione in un trattato intergovernativo assomiglia tanto a una frode che permette, giocando con le parole, di sottrarsi alle regole democratiche corto-circuitando la sovranità popolare.
Ricordiamo che il voto dei francesi e degli olandesi nel 2005 ha dimostrato il loro attaccamento ai servizi pubblici, alla solidarietà, alla giustizia sociale. Ha evidenziato anche la loro diffidenza rispetto al modo di costruzione dell’Unione europea, nei confronti del personale politico e di tutte le istituzioni europee. Secondo i sondaggi, il desiderio di Europa è largamente condiviso, ma si accompagna ad un rifiuto di un’Europa sopranazionale, alimentato nutrito essenzialmente dalle carenze dell’attuale costruzione europea.
Di fronte a tutto ciò, i dirigenti europei, e quelli francesi in particolare, rimangono sordi, interessati a dirigere l’Europa come la intendono loro, nonostante la volontà chiaramente espressa dai cittadini. Tentano di far rientrare dalla finestra il progetto che abbiamo scacciato dalla porta, sostenendo che sarebbe un’altra cosa. Che disprezzo! Che arroganza!
Questo progetto di trattato modificativo deve essere abbandonato.
Se i nostri dirigenti continuano a volerlo imporre per via parlamentare, i deputati francesi lo devono respingere, rispettando la scelta ampiamente maggioritaria degli elettori. Se si vuole sostenere che gli elettori hanno cambiato idea dopo due anni, allora bisogna consultarli di nuovo, e chiedere loro di ratificare o respingere questo progetto di trattati con un referendum.
Oggi è necessario perseguire la costruzione europea su altre basi, che i cittadini stessi devono definire. È indispensabile un ri-orientamento fondamentale dei cittadini a favore dell’Europa. Di fronte all’incapacità della maggioranza della classe politica di ricostruire l’Europa, tocca ai cittadini europei proporre, nei prossimi mesi e anni, la base costituzionale dell’Europa che vogliamo: solidale, democratica ma anche ecologista in questi tempi in cui il nostro modello di sviluppo è sempre meno sostenibile. Abbiamo bisogno di una Costituente, e non del disprezzo emanante dai trattati che ci vogliono imporre.
Le traité du mépris
Robert Joumard et Michel Christian (commission Construction européenne d'Attac Rhône)
6 septembre 2007
Le 23 juillet dernier, l'Union européenne a présenté un projet de traité modificatif, modifiant les deux principaux traités européens, le traité sur l’Union européenne et le traité instituant la Communauté européenne qui prend le nom de "Traité sur le fonctionnement de l’Union européenne". Ce projet devrait être adopté formellement par le sommet européen des 18 et 19 octobre 2007, puis soumis à la ratification des 27 membres de l'Union européenne, un processus qui devrait être conclu avant les élections européennes de juin 2009.
Le traité modificatif compte 145 pages et 296 modifications. 12 protocoles, 51 déclarations et des annexes s’y ajoutent, qui tous ont la même valeur juridique que les traités et en font partie intégrante. Faisant constamment référence aux traités existants, l'ensemble est évidemment illisible par tout un chacun. Ce sont les traités une fois modifiés qu'il faut considérer. Encore a-t-il fallu les établir.
L’analyse article par article3 des projets de traités modifiés montre que le traité modificatif transfère dans les traités actuels la totalité de la constitution rejetée par les électeurs français et hollandais au printemps 2005 à près de 55 et 62 % des voix, après un engouement rare des uns et des autres pour le débat politique. La partie I, qui présentait les valeurs et objectifs de l'Union ainsi que l'architecture institutionnelle est là ; la partie II reprenant la Charte des droits fondamentaux est reprise mot à mot ; la partie III sur les politiques et le fonctionnement de l’Union est là, ainsi que la partie IV fixant entre autres les possibilités d’adhésion et de retrait des États membres. Le traité n'est en rien 'simplifié' car il est tout aussi long et complexe que le défunt Traité établissant une Constitution pour l'Europe. D'ailleurs, selon Valéry Giscard d'Estaing, "en termes de contenu, les propositions demeurent largement inchangées, elles sont justes présentées de façon différente", ajoutant : "la raison de ceci est que le nouveau texte ne devait pas trop ressembler au traité constitutionnel. Les gouvernements européens se sont ainsi mis d'accord sur des changements cosmétiques à la Constitution pour qu'elle soit plus facile à avaler". Le député européen conservateur Timothy Kirkhope a enfoncé le clou : "Les commentaires tenus aujourd'hui par Valéry Giscard d'Estaing ne font que renforcer ce que tous les autres dirigeants européens pensent du nouveau Traité, à savoir que la Constitution est de retour".
L'analyse de détail est fastidieuse, mais nécessaire ; elle montre que les valeurs et les objectifs de l'Union restent les mêmes. La presse a fait grand cas de la disparition de la "concurrence libre et non faussée" des objectifs de l’Union. Cependant, le protocole 6, qui est un texte de portée équivalente aux traités, vient préciser les objectifs de l'Union : "le marché intérieur tel qu’il est défini à l’article 3 du traité sur l’Union européenne comprend un système garantissant que la concurrence n’est pas faussée". C’est ainsi que la concurrence non faussée se trouve réintroduite dans les objectifs de l’Union d’où elle semblait avoir disparu !
Les droits dits "fondamentaux" ne s'adressent pas aux citoyens mais aux institutions de l'Union et des États quand ils "mettent en oeuvre" le droit de l'Union ; ces droits ne créent "aucune compétence et aucune tâche nouvelle pour l'Union" ; ils restent subordonnés aux autres dispositions du projet, caractérisées, elles, par "la concurrence libre et non faussée". Ces droits "fondamentaux" ne le sont donc guère. L'Union les reconnaît et les respecte mais n'en assure pas la mise en application. Par rapport au droit français, ce sont en outre des droits fondamentaux au rabais, qui ne reconnaissent ni le droit au travail, ni le droit à un revenu minimum ou aux allocations chômage, ni le droit à un logement décent, ni le droit à l'accès égal pour tous à la santé ou à l’éducation...
Les députés européens que nous élirons n'auront pas le droit de proposer des lois. Ils n’auront pas le droit de voter les recettes de l’Union, ni les impôts, et n’auront aucun droit de regard sur des pans entiers de la politique européenne. Ils ne pourront renverser le gouvernement européen (la Commission) qui mènerait une politique inadmissible qu'à la majorité des deux tiers... Ces députés ne représenteront pas également tous les citoyens européens, et de loin. Par exemple la Belgique, le Portugal, la République tchèque, la Grèce, qui comptent tous entre 10 et 11 millions d'habitants éliront 24 députés, mais les grandes régions françaises du Sud-Est ou de l'Île-de-France qui ont la même population en éliront près de deux fois moins.
L'Union reste une construction entre gouvernements, où les citoyens n'ont pas les moyens de se faire entendre. Il n'y a pas de séparation des pouvoirs législatif, exécutif et judiciaire : la Commission européenne mêle des pouvoirs législatifs (initiative des lois), exécutifs, et judiciaires (surveillance de l’application des lois). Le Conseil est le seul organe qui vote toutes les lois (hors politique monétaire dépendant de la seule Banque centrale européenne), car le Parlement est exclu de 21 domaines parmi les plus importants sur 90. Or le Conseil n’est pas élu par les citoyens, mais est le représentant des exécutifs nationaux. Les projets de traités laissent perdurer l'extravagante dépendance des juges européens envers les exécutifs qui les nomment, et n’organise pas l’indépendance des médias.
Enfin ce projet de traité fait allégeance à l'OTAN et engage les États membres à augmenter leurs budgets de défense. Il définit l'augmentation de la productivité de l'agriculture comme le premier but de la politique agricole commune, mais ne retient par exemple ni le maintien de l'emploi agricole, ni le respect de l'environnement comme des buts. Le thème de l'économie de marché, ouverte, où "la concurrence est libre et non faussée" infuse tout le projet et est répété à satiété. À cette aune, toute aide publique accordée à un secteur économique, tout service public, tout code du travail même, est une entrave à la "libre concurrence".
Il est pratiquement exclu que les traités, une fois ratifiés, soient révisés fondamentalement, soit pour donner priorité aux aspects sociaux ou environnementaux, soit pour permettre la construction d'une Europe politique : les mécanismes de révision laissent entièrement la main aux gouvernements. Ces textes étant par nature une constitution, au sens d’un texte qui définit comment les politiques seront collectivement décidées par les seuls souverains en démocratie - les citoyens, il doit être révisable par les citoyens et par eux seuls. Avoir transformé une constitution en un traité intergouvernemental s’apparente à une supercherie qui permet, en jouant sur les mots, de s’affranchir des règles démocratiques en court-circuitant la souveraineté populaire.
Rappelons que le vote des Français et des Hollandais en 2005 a montré leur attachement aux services publics, à la solidarité, à la justice sociale. Il a montré aussi leur défiance vis-à-vis du mode de construction de l’Union européenne, du personnel politique, de toutes les institutions européennes. Le désir d'Europe est largement partagé d'après les sondages, mais il côtoie un refus d'Europe supranationale qui se nourrit notamment des insuffisances de la construction européenne actuelle.
Face à cela, les dirigeant européens, et tout particulièrement les dirigeants français, restent sourds, désireux de diriger l'Europe comme ils l'entendent, malgré la volonté clairement exprimée par les citoyens. Ils tentent de faire rentrer par la fenêtre le projet que nous avons chassé par la porte, en prétendant qu’il s’agit de tout autre chose. Quel mépris ! Quelle arrogance !
Ce projet de traité modificatif doit être abandonné.
Si nos dirigeants continuaient à vouloir l'imposer par voie parlementaire, les députés français doivent le rejeter, en respectant le choix largement majoritaire des électeurs. Si l'on prétend que les électeurs ont pu changer d'avis en deux ans, il faut leur redonner la main, et demander aux électeurs de ratifier ou rejeter ce projet de traités par référendum.
Il est nécessaire aujourd'hui de poursuivre la construction européenne sur d'autres bases, à définir par les citoyens eux-mêmes. Une réorientation fondamentale en faveur de l'Europe des citoyens est indispensable. Devant l'incapacité de la majorité de la classe politique à reconstruire l'Europe, c'est aux citoyens européens de proposer au cours des prochains mois ou des toutes prochaines années le socle constitutionnel de l'Europe que nous voulons : solidaire, démocratique mais aussi écologiste, aujourd'hui où notre mode de développement n'est plus tenable. C'est d'une constituante dont nous avons besoin, et non pas du mépris qu'exprime ce projet de traités qu'on veut nous imposer.