Ecco il nuovo Consenso di Washington
Il risultato della riunione del G20 a Washington il 15 novembre scorso è indecente e ridicolo. La dichiarazione finale è l’ennesima “riaffermazione dei principi del neoliberismo”: non manca nessuno dei dogmi ispiratori della finanziarizzazione dell’economia mondiale che ci ha condotto alla crisi attuale.
Quando ormai la circolazione senza freni dei capitali, le innovazioni finanziarie, i prodotti derivati senza regole sono unanimemente riconosciuti come fattori di instabilità permanente, il G20 si propone di favorire “lo sviluppo degli scambi di prodotti e servizi finanziari” e far sì che le istituzioni finanziarie possano “trattare volumi crescenti di prodotti derivati”.
Evocando “regole” a ogni piè sospinto, il G20 non adotta alcuna vera misura contro i paradisi fiscali, non dice una parola sul segreto bancario, a cui i capi di Stato o di governo dichiaravano di voler porre fine e si contraddice sostenendo da un lato che è necessario evitare la recessione, e chiedendo dall’altro che “venga mantenuto un quadro politico funzionale alla sostenibilità di bilancio” e cioè un quadro di rigore.
Come stupirsi se nessuno fa il bilancio di trent’anni di politiche nei liberiste? Il G20 non dice nulla sul grave aumento delle disuguaglianze, dovuto al fatto che ai lavoratori è andata una parte sempre più piccola della ricchezza prodotta, come nulla dice sull’applicazione dei programmi di aggiustamento strutturale nei Paesi del Sud del mondo, né sulla vera causa della finanza fuori controllo: il cosiddetto programma “valore all’azionista”, corollario delle peggiori condizioni salariali.
Negli anni ’80 e ’90 le politiche neo liberiste sono state consacrate con l’espressione “Consenso di Washington” . Oggi si può dire che un nuovo Consenso di Washington viene riproposto per dare un’apparenza di novità a quello che altro non è se non la ripetizione dei precetti che hanno condotto il mondo sull’orlo del disastro.
Cancellare i debiti delle grandi banche non fa problema ai fautori del capitalismo, mentre la cancellazione del debito dei paesi del Sud del mondo tarda ancora a diventare una priorità.
L’Unione europea ha espresso una posizione originale in quel vertice? No, a l’unisono con le altre grandi potenze si è impegnata a perseguire riforme strutturali del mercato del lavoro, come ha dichiarato il Consiglio dei Ministri delle Finanze (Econfin) del 7 ottobre, riforme che portano in sé il peggioramento delle condizioni dei più, ponendo così le premesse di una nuova crisi prima ancora che quella attuale sia superata.
La “rifondazione del capitalismo”, cara al presidente francese e anche presidente in carica dell’UE, è solo un’altra fuga in avanti verso il caos sociale.
Dopo aver dato molto più del dovuto a banche e speculatori artefici di crisi, i principali governi del G20 professano una fede cieca nella sovranità benefica del mercato e nelle virtù della ricerca di redditività a qualsiasi prezzo. Il prezzo da pagare sarà quello dell’impossibilità di ridurre la povertà e le disuguaglianze e dell’impossibilità di mettere la società umana su un cammino di sviluppo rispettoso dell’ambiente.
Per Attac, e per l’insieme del movimento altermondialista, la finanza deve essere richiamata all’ordine, i suoi artefici vanno disarmati e al centro dei processi decisionali vanno posti i cittadini. Il G 20 si riunirà nuovamente nell’aprile 2009 e Attac sarà impegnata in tutte le iniziative e mobilitazioni per uscire dal neoliberismo, chiedendo in particolare una tassa sulle transazioni finanziarie, il controllo pubblico del settore bancario e finanziario e una nuova ripartizione della ricchezza prodotta. Non solo è possibile, ora è indispensabile